Non posso parlare per tutte le famiglie con bisogni speciali, ma posso certamente condividere cosa questo viaggio sia per me.
Così è come mi sento la maggior parte delle volte.
Così è come provo a combattere per mia figlia ogni giorno.
Così è come vengo spesso vista.
Vedete, quando abbiamo a che fare con qualcuno, ad esempio uno specialista o una terapista, e ci rivolgiamo a loro per un problema specifico, questo è ciò che vedono.
Lo capisco: quella signora mi assomiglia parecchio.
Ciò che a volte non capiscono è che noi non dobbiamo solo interfacciarci con loro: abbiamo che fare con diversi reparti d’ospedale e specialisti; abbiamo terapie regolari al di fuori dell’ospedale per garantire una vita migliore per nostra figlia; abbiamo anche le normali faccende da bimbi (la gioia dei primi dentini, i virus, imparare a usare il vasino e via discorrendo); affrontiamo ancora così tanto pregiudizio (sulle disabilità); dobbiamo stare ad ascoltare quelli che si lamentano costantemente della loro vita da privilegiati; dobbiamo gestire tutto questo mentre continuiamo a lavorare sulla coppia (se abbiamo qualcuno al nostro fianco) perché anche per la coppia quest’avventura è una grande prova, senza contare i traumi di questa esperienza e quante volte abbiamo dovuto dire addio ai nostri sogni e ai nostri progetti.
Perché, si sa, nessuno sogna una carriera come genitore di bimbi con bisogni speciali. Avevamo i nostri lavori, le nostre esperienze, gli obiettivi professionali e spesso non abbiamo modo di riprenderli.
Come ogni altro genitore, noi sognavamo una vita alla Grande Jatte.
Invece, abbiamo avuto una vita da Guernica.
Una vita fatta di medicine, incontri con dottori, terapie, esasperanti ricerche in rete su malattie e condizioni mediche che in molti casi non avevamo mai sentito nominare.
Una vita in cui, se gli altri non ci hanno già esclusi a causa del nostro innegabile bagaglio al seguito, finiamo comunque spesso per escluderci da soli.
Perché ci preoccupiamo per il sistema immunitario di nostra figlia, perché nostra figlia non sopporta molto tutto quel “rumore”, perché siamo stufi di vedere che i nostri figli sono talvolta visti per la loro disabilità e non per chi realmente sono.
“Ok, questo è deprimente!”
Lo so.
Se pensate che questo sia deprimente, immaginate come ci sentiamo noi: voi potete sempre saltare questo post e tornare alla vostra realtà.
Noi restiamo con la nostra vita Guernica.
Non c’è un’opzione “passa oltre” per noi!
"Quindi cosa si può fare?"
Sono così contenta che abbiate chiesto!
Secondo me si può fare veramente tanto, e tutto ruota intorno al concetto di: creare un villaggio.
Tutto parte con l’equipe medica: dottori, infermiere, direzione dell’ospedale e tutto ciò che sta nel mezzo.
Punto 1: molto probabilmente i genitori che vi stanno di fronte non hanno una preparazione medica accademica; questo non significa che siamo stupidi o che non ci fidiamo di voi, ma non significa nemmeno che non possiamo capire cosa ci dite.
Prendetevi del tempo per spiegarci cosa sta succedendo, mostrateci immagini degli organi e diteci “dovrebbe essere così, invece è colà…”, oppure “dobbiamo fare questo esame perché stiamo cercando di escludere questa possibilità, e se questo accade significa che…”.
Parole, gente! Comunicate con noi perché ogni genitore che abbia un figlio o una figlia in ospedale è preoccupato, e se si tratta di genitori di bimbi con bisogni speciali, è probabile che siamo extra-preoccupati, extra-impegnati, extra-esausti.
Punto 2: chi vi dice che il problema medico che state risolvendo sia l’unico problema che abbiamo?
Iniziate col presumere che ci sia molto di più nel nostro quadro, perché c’è! Ricordate: la nostra è una vita Guernica.
Punto 3: il vostro obbligo di diligenza va ben oltre il semplice “tenere la bimba in vita”. Se avessi una moneta a per ogni volta che un dottore mi ha detto “guarda, tua figlia è stabile!”. Eh no!
È responsabilità vostra il rendere più semplice il viaggio clinico dei bambini e il loro stato di salute generale. Se questo significa fermarsi ad aiutare i genitori a districarsi nel sistema sanitario per aiutare i loro figli a progredire nell’immediato futuro e non, beh, ancora una volta, è vostra responsabilità.
E voi, genitori con bisogni speciali, per quanta colpa, vergogna, paura, confusione possiate provare, non fatelo. Chiedete aiuto, esplicitamente.
Parlate del vostro percorso, perché non è solo legittimo: è importante.
Siamo parte della società esattamente come le altre famiglie, esattamente come ogni altra minoranza.
Più noi trattiamo le disabilità e il ruolo degli accompagnatori con dignità, importanza e autenticità, più il resto della società ci accompagnerà nel nostro cammino.
Il mondo è così chiassoso: se non sanno che esistete, non si accorgeranno MAI di voi. Quindi fate in modo che la vostra voce sia abbastanza forte da essere sentita.
Infine, a tutti gli altri: ricordate la nostra vita Guernica.
Invece di commentare e provare a contribuire alla conversazione col vostro punto di vista, provate ad ascoltare e a porci delle domande.
Invece di essere tristi per noi, siate grati per ciò che avete. Non abbiamo bisogno della vostra pietà, abbiamo bisogno che capiate quanto siete fortunati.
E invece di dire un vuoto “dimmi se ti posso aiutare”, siate intraprendenti e trovate modi concreti di aiutare.
Ci sono così tanti modi per essere un villaggio insieme!
Non potete cambiare la nostra vita Guernica, ma potreste essere proprio ciò che ci serve per aggiungere un altro po’ di colore al nostro quadro.
State bene.
Ciao!
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